“Tre principesse francesi a Firenze”- Il nuovo romanzo di Roberto Mosi

Pontecorboli Editore, Firenze - Il romanzo di Napoleone e delle sorelle Elisa, Paolina e Carolina

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Tre principesse francesi a Firenze

Sylvia Boucot d’Hautmesnil al servizio delle sorelle di Napoleone

- Sinossi -

Le principesse Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, grazie alla fortuna e alle capacità di uomo d’arme e di governo del fratello Napoleone Bonaparte, si trovarono dalle umili origini in una terra isolata, povera, come la Corsica, a conquistare onori e ricchezze sullo scenario europeo; la sorte fatale poi del generale corso, il crollo dell’impero, determinò il rovesciamento della loro fortuna, la decadenza. Sylvia Boucot fu dama di compagnia, in tempi diversi, per un periodo di oltre trenta anni, delle tre principesse: di Elisa quando divenne granduchessa di Toscana, di Paolina Bonaparte negli ultimi cinque anni della sua vita, fino alla morte avvenuta a Firenze nella villa di Montughi, di Carolina, che dimorò, e morì, nel capoluogo della regione negli anni trenta dell’Ottocento; sono preziose le testimonianze che ci offre Sylvia Boucot nelle pagine del romanzo che portano a delineare i caratteri diversi delle tre sorelle e, allo stesso tempo, il loro coraggio di donne libere, la loro determinazione e ad illustrare, per altro verso, i volti che mostra il potere, nei diversi frangenti, il modo differente di reagire delle persone, l’affermarsi della nuova classe borghese. In questo quadro, Firenze fa da scenario all’agire dei diversi protagonisti, è all’incrocio di dinamiche particolari, incisive per il futuro della città e del Paese. Si ricercano inoltre analogie con il tempo presente, specie riguardo ai miti che in quei tempi sono stati coltivati, come il mito della nazione e il mito del comandante supremo, del leader, che oggi ricompaiono sugli scenari incerti del nostro presente.

L’opera è così articolata: I L’azzurro del mare; II Firenze, l’incontro con l’imperatore e le tre principesse; III Elisa Bonaparte Baciocchi; IV Il teatro allo specchio; V Paolina Bonaparte Borghese; VI Il palazzo Salviati-Borghese; VII Gli ultimi giorni di Venere Vincitrice; VIII La cappella Paolina della Basilica romana di S. Maia Maggiore; IX Carolina Bonaparte Murat; X Firenze accoglie Carolina Murat; XI Piazza Ognissanti, la terrazza sulle acque; XII Un angolo di Francia; XIII Firenze sogna; Postfazione; Perché si scrive ?; Cronologia; Bibliografia. Elementi

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Incipit del Romanzo

Capitolo I

L’azzurro del mare

È una mattina diversa dalle altre. Nella notte si è calmata la bufera sul mare e presto i raggi del sole hanno raggiunto la mia stanza. Come ogni giorno mi sono occupata degli animali e dei lavori quotidiani per la casa; ora ho un po’ di tempo tutto per me. Mi viene naturale pensare ancora una volta a lontani ricordi, alle straordinarie vicende della mia vita lontana da qui, in giro per il mondo. Mio marito riposa nel vicino cimitero della chiesa, sulla strada per il paese, mi ha lasciato da poco, un anno fa, in una mattina come questa piena di luce, invasa da un intenso azzurro, dal mare alla nostra collina.

Nel silenzio della casa, il mio è un continuo parlare con lui, come fosse ancora al mio fianco, lo interrogo, mi consiglio, gli dico cosa mi passa per la mente, dò voce, ne sono certa, al suo pensiero. Questa mattina ho deciso – anzi, abbiamo deciso – di dare aria all’armadio nell’angolo della camera, aprire i cassetti rimasti chiusi da quando facemmo ritorno in Normandia dopo la morte a Firenze, il 18 maggio 1839, della regina Carolina Bonaparte Murat. Poco dopo l’arrivo, si manifestarono i primi sintomi della malattia di mio marito, che in solo tre mesi, dopo molti patimenti, lo portò alla morte.

Non c’era stato il tempo di dare un ordine ai tanti ricordi, alle infinite testimonianze di una vita che avevamo portato con noi dopo il lungo periodo trascorso al servizio della famiglia dell’imperatore, delle tre sorelle, le principesse Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, in particolare. Jean Pierre d’Hautmesnil,  mio marito, era stato sovraintendente alle finanze e, per un certo periodo, quando Elisa era diventata granduchessa di Toscana, dal 1809 al 1814, aveva svolto il ruolo di prefetto della provincia di Lucca.  Negli stessi anni sono stata dama di compagnia di Elisa e, alla sua morte, di Paolina e poi di Carolina.

Nei cassetti dell’armadio erano finiti, alla rinfusa, appunti di viaggio, cartine geografiche, pagine di diario, diplomi, giornali, quaderni con tracce di racconti e di commedie insieme a disegni, medaglie, corrispondenza. Ben altri erano stati i nostri progetti, si era pensato di riorganizzare le stanze della casa, l’arredamento, dando risalto a queste testimonianze, raccogliendo i documenti in appositi album, mettendo in cornice disegni e medaglie, tutto quanto aveva segnato, in un momento cruciale della storia della Francia e dell’Europa, la nostra vita al servizio di donne straordinarie.

Le ante dell’armadio cigolano al momento in cui le apro, quasi si lamentano per l’improvviso risveglio, dall’interno si propaga un odore insolito, un misto di lavanda, di cuoio, di polvere.

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Postfazione

Perché si scrive?

Perché si scrive? Questa domanda si fa per me urgente ora che sto per pubblicare il mio ultimo romanzo sul mondo dell’imperatore Napoleone, dopo che sono passati dieci anni dal mio primo lavoro.

Mi dedico alla scrittura per recuperare una cosa che mi viene a mancare, per riempire un vuoto che si è creato vicino a me, oppure, per scongiurare un pericolo, per sconfiggere la paura.

Il primo romanzo Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il Foglio, 2013) era un invito ad andare alla scoperta della costa toscana del mare Tirreno, a guardare le città, il territorio con lo sguardo dei vincitori francesi, con l’orgoglio della loro forza, della efficacia e della modernità dei loro interventi. Quando cominciai a pensare al libro avevo appena lasciato il lavoro, avevo raggiunto il traguardo della pensione, davanti a me un tempo indefinito, grigio, senza contorni, un vuoto da riempire giorno per giorno. L’idea di scrivere un racconto, un romanzo dette un ritmo alle mie giornate, mi portò ad immergermi in un mondo illimitato di conoscenze, in una rete di libri, di notizie, piena di incroci, di nodi, tutti da studiare e da scoprire; fu un impegno serrato ma affascinante, che compensò il recente abbandono del mondo del lavoro senza trascurare quelli che erano stati gli interessi della mia professione. Ero stato infatti un dirigente per la cultura della Regione Toscana,

Il romanzo successivo Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni, 2014) rappresenta una vera e propria elaborazione di un lutto, la perdita della mia macchina, la Lancia Musa, uscita di strada e schiantatasi contro un cartellone pubblicitario, incidente dal quale uscii praticamente incolume ma con un’enorme paura. Nel romanzo le macchine incidentate si ritrovano in un deposito di relitti ferrosi di ogni genere, si consolano fra di loro aspettando la sorte finale, di essere trasformate in mirabolanti creature grazie al fuoco rigeneratore dell’altoforno.

Nel romanzo Esercizi di volo (Europa Edizioni, 2015) mi sono misurato con la follia; mi ha sempre affascinato il binomio arte/follia, ho seguito con interesse i progetti degli anni ’70 per la riforma dei manicomi, e rimasi sconvolto da una visita fatta all’Ospedale Psichiatrico San Salvi nella veste di segretario della Commissione Sanità del Consiglio regionale.

L’incipit del libro è quanto mai perentorio: “Un giorno imparerò a volare!”, il protagonista vuole acquistare leggerezza, la capacità di volare, per stare in alto, sopra le diverse pazzie del mondo e frequenta un celebre personaggio, Erasmo da Rotterdam, che gli fa scoprire il lato divertente della follia.

Nel 2021la pandemia, la diffusione del Covid, ha sconvolto le nostre vite, ha limitato la nostra libertà, lasciandoci nella paura e nell’incertezza.

Ho trovato conforto e aiuto nella poesia, proprio in quella di Dante che inizia il suo viaggio ultraterreno dai tormenti dell’Inferno. Ho immaginato che la sua poesia sia rimasta con noi, nelle strade di Firenze dove è nato, si è affermato come uomo e come poeta laureato e quindi con un gruppo di amici siamo andati per le strade alla ricerca dei luoghi più suggestivi per recitare insieme ad alta voce, con energia i suoi versi, aspettando il suo ritorno perché, come recita il titolo del libro Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta (Il Foglio, 2021). Mi sembra che il libro interpreti bene lo sgomento di quel periodo, per ogni giorno di escursione riporto, i dati dei cittadini toscani colpiti dal Covid, i ricoverati in ospedale, i deceduti, come un bollettino di guerra.

Le vicende dei migranti in fuga dalle guerre, dalle carestie, da luoghi di feroce miseria, le tragiche morti nel Mediterraneo, mi lasciano un grande vuoto, pesano sulla mia coscienza di cittadino di un Paese dell’Occidente. Ho trovato in questi avvenimenti una sorta di parallelismo con la storia delle grandi emigrazioni di popoli all’epoca dell’impero romano, sulla “ragionevole” integrazione fra le diverse genti; l’insieme di queste riflessioni è alla base del recente libro Barbari. Dalle Steppe a Florentia, alla Porta Contra Aquilonem, (Masso delle Fate, 2022).

Sono passati dunque dieci anni da quando ho scritto il mio primo romanzo; ho pubblicato anche diverse raccolte di poesia, riunite in due antologie: Poesie 2009-2016 (Ladolfi, 2016) e Amo le parole. Poesie 2017-2023 (Ladolfi, 2023). Nella poesia seguo la voce dell’ispirazione, il demone che mi parla dentro, mi porta a comporre versi su registri diversi, con lo sguardo rivolto a paesaggi umani e a sfere personali differenti (Nonluoghi), (Eratoterapia), (Itinera), (Concerto), dove si accende la luce delle immagini (Firenze, foto grafie), soffia il vento dei miti (Navicello Etrusco), (Orfeo in Fonte Santa), (Prometheus, il dono del fuoco), balzano in evidenza le mie origini (Florentia), l’amore per la mia città, Firenze, la sua storia e la sua bellezza (Il profumo dell’iris), il desiderio di un costante impegno sociale, nel dialogo, nell’incontro con l’altro, con gli altri (L’invasione degli storni), (La vita fa rumore), (Il nostro giardino globale).

Con quest’ultimo romanzo, Tre principesse francesi a Firenze. Sylvia Boucot d’Hautmesnil al servizio delle sorelle di Napoleone, ricompare  la figura di Napoleone, questa volta in compagnia delle tre sorelle, le  principesse Elisa, Paolina e Carolina, che grazie alla fortuna e alle capacità di uomo d’arme e di governo del fratello, si trovarono, dalle umili origini in una terra isolata, povera, come la Corsica, a conquistare onori e ricchezze sullo scenario europeo; la sorte fatale poi del generale corso, il crollo dell’impero, determinò il rovesciamento della loro fortuna, la decadenza. Nelle pagine di questo lavoro sono fissati i caratteri diversi delle tre sorelle e, allo stesso tempo, il loro coraggio di donne libere, la loro determinazione; ci si sofferma, per altro verso, sulle facce che mostra il potere, nei diversi frangenti, il modo differente di reagire delle persone, l’affermarsi della nuova classe borghese. In questo contesto, Firenze fa da scenario all’agire dei diversi protagonisti, è all’incrocio di dinamiche particolari, incisive per il suo futuro.

È naturale dunque cercare di cogliere analogie con il tempo presente, specie riguardo ai miti che in quei tempi sono stati coltivati, come il mito della nazione e il mito del comandante supremo, del leader, che oggi ricompaiono con forti tratti, sugli scenari incerti del nostro presente: la scrittura, il lavoro di scavo, di analisi ad essa collegato, dei fenomeni in corso, aiuta nella ricerca di un terreno più solido sul quale fondare le nostre speranze.

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