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La recensione di Jacopo Chiostri
Con ‘Tre principesse francesi a Firenze’, ultima delle sue innumerevoli fatiche letterarie, Roberto Mosi ha segnato una nuova via per il genere del saggio storico. Sono un centoquaranta pagine, effettive, finemente presentate con la perizia tipografica di Angelo Ponetcorboli editore in Firenze, nelle quali l’autore è riuscito, miracolosamente è corretto dire, a fare coesistere il piacere e la scorrevolezza della lettura, con un’ampia messe di documenti storici, al punto che, a dispetto del numero non così elevato di pagine scritte, verrebbe ugualmente naturale parlare di lavoro monumentale, non fosse che una dizione simile potrebbe, e sarebbe un peccato, spaventare il normale lettore che, invece, troverà in questo saggio tutto quello che occorre per saziare la sua curiosità, cronachistica, storica e persino mondana!
Ricco di riferimenti bibliografici, abbellito da una quindicina d’immagini, lo scritto ha tre protagoniste, Elisa Baciocchi, Paolina Borghese, Carolina Murat, le tre sorelle di Napoleone, e due narratori, Sylvia Boucout che fu dama di compagnia al servizio di tutte e tre le principesse, e lo stesso Mosi che, inizialmente dalla terrazza panoramica dell’hotel Excelsior di piazza Ognissanti, osserva Firenze, e si sofferma, con lo sguardo, sui luoghi dove si svolsero le vicende che videro Elisa, Paolina e Carolina al centro d’intrecci storici e personali, spesso tormentati, nei quali Firenze ebbe un ruolo, e non solo come luogo geografico.
Già con ‘Barbari’, la sua opera precedente, ‘Roberto Mosi aveva dato prova della sua capacità di raccontare la storia col piglio del romanziere, riuscendo a mixare il rigore documentaristico con un’interpretazione, personale, dei comportamenti dei protagonisti, dedotta, presumibilmente, da un sagace e attento studio di testimonianze e notizie reperite. In questa opera si è superato; e certe pagine - pensiamo a quelle tratte dal Diario fiorentino di Sylvia - risultano avvincenti; la stessa Sylvia, come già accaduto con Rufo, protagonista e narratore dei ‘Barbari’, ‘ruba’ la scena alle tre protagoniste e, ancora una volta come Rufo, diviene per il lettore un personaggio familiare, tanto Mosi riesce a definirne il carattere e la partecipazione emotiva agli eventi narrati di cui è stata, spesso tragicamente, testimone.
Sylvia, per forza di cose, considerato il suo ruolo, ha raccolto le confidenze di queste tre donne, ciascuna a suo modo straordinaria, gli amori, i diversi caratteri (ciascuno però, a suo modo, ricco di coraggio e risolutezza) il rapporto con il potere, l’orgoglio connesso all’appartenenza dinastica, poi lo sgomento dopo la sconfitta di Napoleone, l’esilio, l’essere perseguitate e proscritte dalle nazioni vincenti.
C’è in tutto il romanzo una continua altalena tra i grandi fatti storici, l’incontro con Granduchi, Regnanti, Papi e poi vicende profondamente umane che fanno riflettere il lettore su quello che era, e tale, non possiamo non vederlo, è rimasto, l’aspetto tossico del potere: perché sia pure ricche di titoli, carreggiate in lussuose carrozze, vestite di abiti eleganti, ritratte o scolpite da grandi artisti, acclamate nei palazzi, ospiti in teatri e grandi feste, le tre sorelle sono anche donne, e anzi ciascuna rappresenta una figura femminile indimenticabile per grazia e determinazione.
Come è stato per ‘Barbari’ anche ‘nelle tre principesse’ non mancano i possibili collegamenti con la storia attuale. Intanto Firenze, altro ‘personaggio’ chiave della narrazione: a un’attenta lettura non può sfuggire che in queste pagine s’intravedono i prodromi del suo futuro; poi certi miti, duri a morire, e oggi pure attuali, quali quello del leader unico, assoluto.
JACOPO Chiostri
Toscana Nuova, giugno 2024
Un Commento
Già con ‘Barbari’, la sua opera precedente, ‘Roberto Mosi aveva dato prova della sua capacità di raccontare la storia col piglio del romanziere, riuscendo a mixare il rigore documentaristico con un’interpretazione, personale, dei comportamenti dei protagonisti, dedotta, presumibilmente, da un sagace e attento studio di testimonianze e notizie reperite. In questa opera si è superato; e certe pagine - pensiamo a quelle tratte dal Diario fiorentino di Sylvia - risultano avvincenti; la stessa Sylvia, come già accaduto con Rufo, protagonista e narratore dei ‘Barbari’, ‘ruba’ la scena alle tre protagoniste e, ancora una volta come Rufo, diviene per il lettore un personaggio familiare, tanto Mosi riesce a definirne il carattere e la partecipazione emotiva agli eventi narrati di cui è stata, spesso tragicamente, testimone.
Sylvia, per forza di cose, considerato il suo ruolo, ha raccolto le confidenze di queste tre donne, ciascuna a suo modo straordinaria, gli amori, i diversi caratteri (ciascuno però, a suo modo, ricco di coraggio e risolutezza) il rapporto con il potere, l’orgoglio connesso all’appartenenza dinastica, poi lo sgomento dopo la sconfitta di Napoleone, l’esilio, l’essere perseguitate e proscritte dalle nazioni vincenti.