Straordinario incontro con Giovanni Boccaccio, Officina del Mito

Officina del Mito, diedi anni - Incontro 13 dicembre 2025 Circolo Artisti Casa di Dante, Firenze

1000042790

Link poesia3002

manifesto-boccaccio-mosi-corretto-copy

Registrazione video dell’Incontro

Programma


- Giuseppe Baldassarre – Introduzione alla bellezza e alla originalità del Decamerone


- Virginia Bazzechi G. C. – Dieci le Mostre dell’Officina del Mito, dieci le Giornate del Decamerone, dedicato alle Donne “vaghe” d’amore”


- Enrico Guerrini – Dipingere il fascino del Decamerone


- Nicoletta Manetti – Poggio Gherardo e Ponte a Mensola. I luoghi del Decamerone e del Ninfale Fiesolano


- Roberto Mosi – La “cornice” del Decamerone, il contagio della peste, ieri, del Covid, oggi: scrivere, dipingere per non morire


- Silvia Ranzi – A come Amore: Cimon amando divien savio (I, V giornata)


- Andrea Simoncini – A come Arguzia: La Badessa e le brache del prete (2, IX giornata)


- Umberto Zanarelli – Giovanni Boccaccio e la musica del suo tempo: uno sguardo al Decamerone

- Franco Margari – Messer Forese da Rabatta e maestro Giotto, pittore (5, VI giornata)

img-20251213-wa0007

1000042777

1000042789

1000042776

Immagini Mostra di Enrico Guerrinni

1000042808

dieci-anni

I dieci anni dell’Officina del Mito

Intervento di Roberto Mosi

Il Decameron è una raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo, probabilmente tra il 1349 (anno successivo all’epidemia di peste nera in Europa) e il 1351. È considerata una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo, durante il quale esercitò una vasta influenza sulle opere di altri autori (si pensi a I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, opera con una struttura e una cornice narrativa del tutto simili), oltre che la capostipite della letteratura in prosa in volgare italiano. Boccaccio nel Decameron raffigura l’intera società del tempo, integrando l’ideale di vita aristocratico, basato sull’amor cortese, la magnanimità e la liberalità coi valori della mercatura: l’intelligenza, l’intraprendenza, l’astuzia.

Il libro narra di un gruppo di giovani che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze, spostandosi in una villa sulle colline del fiorentino, per sfuggire alla peste nera che imperversa nella città, e che a turno si raccontano delle novelle di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all’erotismo bucolico del tempo. Per quest’ultimo aspetto il libro fu tacciato d’immoralità o di scandalo e fu in molte epoche censurato o comunque non adeguatamente considerato nella storia della letteratura. Il Decameron fu anche ripreso in versione cinematografica da diversi registi, tra cui Pier Paolo Pasolini e i fratelli Taviani.

La peste nera fu una pandemia generatasi in Asia centrale settentrionale durante gli anni trenta del XIV secolo e diffusasi in Europa.

La peste nera si diffuse in fasi successive dall’altopiano della Mongolia, prima attraverso la Cina e la Siria e poi anche alla Turchia asiatica ed europea, per poi raggiungere la Grecia, l’Egitto e la penisola balcanica. Nel 1347 arrivò in Sicilia, a Messina, e da lì a Genova. Nel 1348 aveva infettato la Svizzera e tutta la penisola italiana, risparmiando parzialmente il territorio di Milano; dalla Svizzera si allargò quindi alla Francia e alla Spagna. Nel 1349 raggiunse l’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda. Infine nel 1353, dopo aver infettato tutta l’Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a quasi scomparire, restando però occasionalmente endemici. Secondo studi moderni, la peste nera uccise almeno un terzo della popolazione del continente, provocando verosimilmente quasi 20 milioni di vittime.

Oltre alle devastanti conseguenze demografiche, la peste nera ebbe un forte impatto nella società del tempo. La popolazione in cerca di spiegazioni e rimedi arrivò talvolta a ritenere responsabili del contagio gli ebrei, dando luogo a persecuzioni e uccisioni; molti attribuirono l’epidemia alla volontà di Dio e di conseguenza nacquero o si affermarono diversi movimenti religiosi. Anche la cultura fu notevolmente influenzata: Giovanni Boccaccio utilizzò come narratori nel suo Decameron dieci giovani fiorentini fuggiti dalla loro città appestata; in pittura, il soggetto della “danza macabra” fu un tema ricorrente delle rappresentazioni artistiche del secolo successivo.

Il proemio

Il proemio al libro delinea i motivi della stesura dell’opera. Boccaccio afferma che il libro è dedicato a coloro che sono afflitti da pene d’amore, allo scopo di dilettarli con piacevoli racconti e dare loro utili consigli. L’autore specifica poi che l’opera è rivolta in particolare a un pubblico di donne, e più precisamente a quelle che amano. Il destinatario dell’opera è la borghesia cittadina, che si contrappone all’istituto della corte, sviluppatosi soprattutto in Francia. Dunque la novella, essendo caratterizzata da uno stile semplice, breve e immediato, tende a interfacciarsi col nuovo ceto sociale, la borghesia laica, benestante e acculturata di cui Boccaccio è espressione.

Sempre nel proemio, Boccaccio racconta di rivolgersi alle donne per rimediare al peccato della Fortuna: le donne possono trovare poche distrazioni dalle pene d’amore rispetto agli uomini. Alle donne, infatti, a causa delle usanze del tempo, erano preclusi certi svaghi che agli uomini erano concessi, come la caccia, il gioco o il commerciare, tutte attività che possono occupare l’esistenza dell’uomo. Quindi nelle novelle le donne potranno trovare diletto e utili soluzioni che allevieranno le loro sofferenze.

Sin dal proemio, il tema dell’amore mostra la propria importanza: in effetti gran parte delle novelle tocca questa tematica, che assume anche forme licenziose e che susciterà reazioni negative da parte di un pubblico retrivo; per questo motivo Boccaccio, nell’introduzione alla IV giornata e nella conclusione all’opera, rivendicherà il suo diritto a una letteratura libera e ispirata a una concezione naturalistica dell’Eros (significativo in questo senso il cosiddetto “apologo delle papere”, inizio della IV giornata).

La cornice

L’uso della cornice narrativa in cui inserire le novelle è di origine indiana. Tale struttura passò poi nella letteratura araba e in Occidente. La cornice è costituita da tutto ciò che non fa parte dello sviluppo delle novelle: si tratta della Firenze contaminata dalla peste, dove un gruppo di sette ragazze e tre ragazzi di elevata condizione sociale decide di ritirarsi in campagna per trovare scampo dal contagio. È per questo che Boccaccio all’inizio dell’opera fa una lunga e dettagliata descrizione della malattia che colpì Firenze nel 1348 (ispirata quasi interamente a conoscenze personali ma anche all’Historia Langobardorum di Paolo Diacono); oltre a decimare la popolazione, l’epidemia distrusse tutte quelle norme sociali e quegli usi e quei costumi che gli erano cari.

Al contrario, i giovani creano una sorta di realtà parallela quasi perfetta per dimostrare come l’uomo, grazie all’aiuto delle proprie forze e della propria intelligenza, sia in grado di dare un ordine alle cose, che poi sarà uno dei temi fondamentali dell’Umanesimo. In contrapposizione al mondo uniforme di questi giovani si pongono poi le novelle, che hanno vita autonoma: la realtà descritta è soprattutto quella mercantile e borghese; viene rappresentata l’eterogeneità del mondo e la nostalgia verso quei valori cortesi che via via stanno per essere distrutti per sempre; i protagonisti sono moltissimi, ma hanno tutti in comune la determinazione di volersi realizzare per mezzo delle proprie forze. Tutto ciò fa del Decameron un’opera unica, poiché non si tratta di una semplice raccolta di novelle: queste ultime sono tutte collegate fra di loro attraverso la cornice narrativa, formando una sorta di romanzo.

Cornice narrativa

È un espediente adottato soprattutto nella novellistica: diverse novelle possono essere raccontate dai narratori descritti nello stesso testo ed essere quindi legate da un contesto comune. Il primo esempio si trova nella letteratura indiana nella raccolta Pañcatantra, scritta in sanscrito. Altri esempi esistono nella successiva letteratura indiana, come nella raccolta Kathasaritsagara del secolo XI.

Si ricordano le seguenti opere inserite in una cornice narrativa:

Le mille e una notte sono il più noto esempio di questo artificio letterario. Infatti l’opera caratterizzata da vari racconti è incorniciata dalla saggia Sharāzād che, condannata a morte, intrattiene il sultano per una notte intera con svariati racconti nel tentativo di rimandare l’esecuzione ed essere salvata. L’intrattenersi tra Sharāzād ed il sultano costituiscono la cornice, il resto dei testi sono le novelle;

Libro de’ sette savi, raccolta medievale di novelle di origine orientale;

Il Decameron di Giovanni Boccaccio. È costruito interamente entro una cornice narrativa in cui i narratori, dei giovani, fuggono da un’epidemia di peste a Firenze: passano due settimane in un luogo ameno e appartato e, per trascorrere meglio il tempo, si raccontano le varie novelle: è questa la cornice dell’opera, mentre il resto del testo è costituito dalle cento novelle che si susseguono nell’opera. Tra una novella e l’altra, riemerge la cornice sotto forma di descrizione delle azioni o dei dialoghi dei dieci giovani;

Il Pecorone di Giovanni Fiorentino (XIV secolo), raccolta di cinquanta novelle;

Il Novelliere di Giovanni Sercambi (XIV secolo), raccolta di centocinquanta novelle;

Le piacevoli notti, settantacinque novelle del bergamasco Giovanni Francesco Straparola (XV - XVI secolo);

I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer. Un gruppo di ventinove pellegrini partono dal Tabard Inn (Locanda del Tabarro) nel Southwark a Londra e si recano in pellegrinaggio alla tomba di san Tommaso Becket posta nella Cattedrale di Canterbury. Il narratore si unisce a loro e l’oste suggerisce ai pellegrini di raccontare delle novelle durante il cammino;

gli Ecatommiti di Giambattista Giraldi Cinzio (XVI secolo);

Lo cunto de li cunti; raccolta di fiabe di Giambattista Basile (secolo XVII).

I racconti di Belkin di Aleksandr Sergeevič Puškin.

Memorie dalla casa dei morti di Fëdor Dostoevskij.

Le città invisibili di Italo Calvino.

Il bar sotto il mare di Stefano Benni.

Le epidemie e la Letteratura

Argomento doppiamente interessante : sulla medicina e

la storia della medicina da una parte, attraverso il racconto del dilagare delle principali epidemie che hanno colpito l’Italia dalla fine del Medioevo a oggi; sulla storia della letteratura dall’altra, illustrando il modo in cui il filtro letterario le ha fissate nell’immaginario dei contemporanei.

Per quest’indagine si è scelto di spaziare in tutti i campi della letteratura italiana, partendo dai grandi testi che abbiamo letto a scuola e poi dimenticato, mettendo in risalto classici minori, ma anche scovando pagine conosciute dai soli addetti ai lavori.

Perché la letteratura, a volte, dà una mano agli studi storici.

Di fronte al silenzio delle fonti, spiccano le ricche pagine di apertura

del Decameron di Giovanni Boccaccio, fitte di dettagli sulla crisi sociale

che fu la prima grande moria della Storia moderna. Per fare un altro

esempio si può rivolgere lo sguardo, un paio di secoli dopo, all’arrivo

della sifilide, che imperversa in Italia dalla fine del Quattrocento in poi.

Lungi dal sostenere un ripetersi identico della storia nel corso dei secoli,

questi testi mettono in luce il rapporto fra le stesse condizioni materiali,

come lo scoppio di un’epidemia, e l’apparire degli stessi pregiudizi,

gli stessi riflessi o le stesse prepotenze.

Temi del Decameron

La  concezione della vita morale nel Decameron si basa sul contrasto tra Fortuna e Natura, le due ministre del mondo (VI, 2, 6).

La novella di Nastagio degli Onesti, dipinta da Sandro Botticelli

L’uomo si definisce in base a queste due forze: una esterna, la Fortuna (che lo condiziona, ma che può volgere a proprio favore), l’altra interna, la Natura, con istinti e appetiti che deve riconoscere con intelligenza. La Fortuna nelle novelle appare spesso come evento inaspettato che sconvolge le vicende, mentre la Natura si presenta come forza primordiale la cui espressione prima è l’Amore come sentimento invincibile che domina insieme l’anima e i sensi, che sa ugualmente essere pienezza gioiosa di vita e di morte.

Tags: , , ,

Lascia il tuo commento

Il tuo indirizzo Email non sarà pubblicato. * Campi richiesti.

*
*

Le parole della poesia

Feed RSS

Iscriviti ai FEED RSS, sarai sempre aggiornato ...

Contatti

Scrivimi
Puoi scrivermi attraverso la pagina dei contatti oppure invia un E-mail a r.mosi@tin.it