Roberto Mosi, Tre principesse francesi a Firenze
Sylvia Boucot e le sorelle di Napoleone, Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat
Angelo Pontecorboli Editore, Collana Stranieri e Firenze, 2024
Recensione di Renato Campinoti
Ancora uno spaccato di Firenze, al tempo di Napoleone e dopo la sua sconfitta
Ancora una volta la notevole cultura e la ricerca mirata di Roberto Mosi, ci portano a contatto con la grande storia e con le sue ricadute nella vita sociale e culturale di Firenze e della Toscana. Questa volta il filo conduttore del racconto di Roberto è dato dalle memorie di Sylvia Boucot, che per trent’anni, in momenti differenti, fu dama di compagnia delle tre sorelle di Napoleone, raccolte in particolare nel Diario fiorentino. In altre occasioni Mosi si era interessato, separatamente, alla vita e al ruolo svolto dalle tre donne che, pur partendo da una relativamente umile vita in Corsica, seppero cavalcare la poderosa onda di potere del fratello, per avvantaggiarsene fino a diventare personaggi a loro volta inserite nei luoghi del potere. Questa volta, con grande capacità di tessitura degli avvenimenti, il nostro autore riesce a far girare la vita, le fortune e le sfortune delle sorelle nell’ambito di Firenze e, come inevitabile, di Viareggio e della Toscana. Con uno stacco notevole a Caserta e alla sua meravigliosa Reggia. Seguendo il filo delle memorie della dama di compagnia si parte col periodo degli anni trascorsi dalla Boucot con Elisa Bonaparte Baciocchi. Si sa che dopo aver sposato Felice Baciocchi, e dopo che solo una figlia, Elisa Napoleona, riuscì a raggiungere la maggiore età, i due coniugi faranno vite separate e frequenteranno persone diverse. Elisa Baciocchi, dopo aver assunto il titolo, non senza difficoltà, di Granduchessa di Toscana, dimostrerà di saper esercitare il suo ruolo in maniera esemplare, del resto già dimostrato nelle esperienze di Lucca, Piombino e Massa. Il fratello Napoleone, come riferisce Sylvia Boucot nella raccolta “Il teatro allo specchio” considerava Elisa “il migliore dei suoi ministri”, gestisce con efficacia il potere seguendo gli indirizzi stabiliti dal fratello, tanto è vero che, rispetto alle altre città italiane, Firenze costituisce un caso esemplare degli effetti della politica francese in Italia. La politica urbanistica si impone per la correttezza amministrativa…I migliori architetti progettano interventi…per aggiornare l’impianto e la qualità dello spazio urbano…di piazza della Signoria, piazza del Duomo, piazza San Giovanni, tutte interessate da ampliamenti e dalla riqualificazione della cortina edilizia.” Saranno anche altri gli interventi urbanistici pensati per la città di Firenze (come del resto Elisa aveva già fatto anche nell’area di Piombino con la nuova “Via della principessa” tuttora a lei dedicata!), basti pensare al progetto del canale navigabile sulla riva destra dell’Arno, con inizio in piazza Ognissanti trasformata in un porto capace di ospitare trenta battelli grandi e quaranta piccoli, all’ingresso del porto un arco monumentale: la porta di Firenze verso il mare e il mondo. Come era inevitabile, dopo la caduta del fratello nel 1814, finisce anche il regno di Elisa, che è costretta alla fuga da Lucca, il 14 marzo di quell’anno, ben descritta dalla figlia Napoleona, insieme, appunto, alla figlia di otto anni e al giovane compagno di quel periodo, il marchese Lucchesini. Sempre nel ricordo della figlia: “Mi fa piacere…ricordare il carattere di donna forte, deciso di mia madre, nel quale mi riconosco…superò con coraggio le infinite prove alle quali fu sottoposta per decisione di Metternich…Arrivarono poi i giorni felici di Villa Vicentina nella campagna triestina. La famiglia si ricompose. Tornarono i giorni della passione per la lettura, il teatro, l’arte…E questo fino all’agosto del 1820, al fatale bagno nelle acque termali della palude di Monfalcone. Elisa fu sepolta nella cattedrale di San Petronio a Bologna, nella cappella della famiglia del marito, Baciocchi.
“Paolina è la sorella prediletta e più amata dall’imperatore, con un carattere capriccioso e frivolo ma, allo stesso tempo, generosa, molto legata al fratello Napoleone”. La fama in vita e dopo le derivò soprattutto dalla sua bellezza e da quella immortalata dal Canova nel capolavoro della “Venere vincitrice”, tuttora oggetto di meraviglia e di continue visite nella villa Borghese a Roma. Si sa di lei che, dopo lo sfortunato matrimonio con l’ufficiale di Napoleone, Victor Leclerc, morto di febbre gialla a Santo Domingo dove era stato inviato per domare una rivolta, incontrò Camillo Borghese e, per il suo tramite, il Canova. Per un periodo a Roma organizzò anche un salotto nella Villa Paolina presso le mura aureliane, per trasferirsi poi a Firenze nel palazzo Salviati-Borghese di via Ghibellina prima, nella villa di Montughi della famiglia Strozzi poi, quando è già assalita dalla malattia. Sarà ancora una volta la dama di compagnia Sylvia Boucot, nel suo Diario fiorentino, a raccontarci l’ultimo periodo della vita della donna più bella del mondo, secondo i canoni adottati anche dal Canova. Sono pagine, quelle del Diario della Boucot, che giustamente Mosi ci presenta distesamente e invito il lettore ad approfittarne perchè rappresentano uno spaccato interessante della Firenze degli anni ‘20 dell’ottocento, e delle ultime ore di Paolina. Fino alla dettatura delle sue volontà, di essere imbalsamata e posta nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Paolina, come ci ricorda Roberto, è stata l’unica sorella cui Napoleone non aveva donato né corona né trono, eppure essa volle accompagnare il fratello nel suo esilio all’isola d’Elba…Durante l’esilio di Napoleone a Sant’ Elena Paolina cercò in ogni modo, ma invano, di raggiungere il fratello e seppe della sua morte solo due mesi dopo”. Paolina è davvero la sorella più amata da Napoleone, che ne ricorda la generosità: “Paolina era troppo prodiga, troppo abituata alle spese eccessive. I miei doni avrebbero potuto arricchirla, ma ella amava il lusso, ed essendo benefica donava tutto”.
Della terza sorella di Napoleone, Carolina Bonaparte Murat, Mosi ci presenta una notevole mole di notizie, grazie al fatto che è di “ben tredici anni il periodo che Sylvia Boucot trascorre con Carolina Bonaparte Murat, in parte a Vienna, a Trieste e poi, dal 1931, a Firenze dove la regina di Napoli muore nel 1839 a 58 anni”. La più giovane delle sorelle di Napoleone, costretta alla fuga con la madre dalla Corsica, raggiunse nel 1796 il fratello Napoleone, già comandante d’Italia, a Mombello, vicino a Milano, dove incontrò anche il generale Gioacchino Murat che diventò suo marito. Quando il fratello regalò alla famiglia il regno di Napoli, sarà lei, con Murat impegnato nell’esercito e nel tentativo di conquistare la Sicilia, a reggere il regno, rinnovando le strutture amministrative, completando istituzioni come l’Orto botanico, l’osservatorio astronomico, il teatro San Carlo e tanti interventi infrastrutturali e urbanistici. “Carolina è la regina reggente, il vero motore della vita artistica e culturale, si occupa degli affari generali con passione e grande abilità politica, tanto che Talleyrand disse di lei: ‘ha una testa di Cromwell sul corpo di una bella donna”. Ancora una volta, insomma, è dimostrato che le sorelle, pur beneficiate dal fratello padrone del mondo, sono all’altezza degli incarichi che le vengono offerti. Naturalmente per Carolina, la più giovane, resta molto tempo da vivere dopo la caduta del fratello. E qui Mosi riesce a ricostruire con grande abilità il periodo che la regina di Napoli potrà trascorrere a Firenze, l’unico luogo che le potenze vincitrici sul fratello, le permettono infine di frequentare. Sono tantissime le traversie che Carolina è costretta a vivere, compreso l’impegno per farsi assegnare una rendita dal governo francese al posto dei beni a suo tempo da lei donati al fratello. Ci sarà, infine, spazio, per un nuovo, breve, matrimonio con un generale di suo fratello, Macdonald, che morirà due anni prima di lei. Belle, infine, le pagine che Mosi ci regala sul rapporto di Carolina con la zona di Ognissanti e la sua Chiesa, nella quale, infine, verrà seppellita.
Ma la novità ancora più affascinante di questo bellissimo racconto, arriva nella parte finale, dove Roberto, dopo aver reso omaggio all’Istituto Francese fondato nel 1907, (il più antico istituto culturale francese nel mondo) e alla mostra “la Firenze sognata”, incontra una gentile bibliotecaria francese che mostra il collegamento tra quella biblioteca e la biblioteca nazionale francese che permette all’autore di accedere al giudizio di Napoleone sulle sue sorelle, che, naturalmente, rimando alla curiosità del lettore di questo affascinante lavoro di Roberto. Così come rimando alla lettura del testo per scoprire cosa raccontano, in una ricostruzione virtuale, le tre sorelle dei momenti topici della vita del fratello, a cominciare dalla incoronazione imperiale a Notre Dame del 2 gennaio del 1804. Naturalmente Mosi non poteva chiudere la sua originale fatica senza accostare la chiesa della sepoltura di Carolina e della zona del Palazzo francese, alla vita fiorentina a cominciare dal quartiere di residenza e di vita della famiglia Vespucci, di quell’Amerigo che ha dato il suo nome alla più grande, finora, potenza del mondo. Si chiude infine questo libro e si è grati all’amico scrittore per averci fatto fare un passo avanti nella nostra modesta conoscenza della storia non solo fiorentina e, soprattutto, avendoci fatto divertire e imparare a collegare storia, visita dei luoghi, viaggi di ricerca. Ancora una volta grazie Roberto Mosi.
Renato Campinoti
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Naturalmente Mosi non poteva chiudere la sua originale fatica senza accostare la chiesa della sepoltura di Carolina e della zona del Palazzo francese, alla vita fiorentina a cominciare dal quartiere di residenza e di vita della famiglia Vespucci, di quell’Amerigo che ha dato il suo nome alla più grande, finora, potenza del mondo. Si chiude infine questo libro e si è grati all’amico scrittore per averci fatto fare un passo avanti nella nostra modesta conoscenza della storia non solo fiorentina e, soprattutto, avendoci fatto divertire e imparare a collegare storia, visita dei luoghi, viaggi di ricerca. Ancora una volta grazie Roberto Mosi.
Renato Campinoti