Un attento lettore non può non domandarsi il significato di un titolo così essenziale, così spoglio, così antiretorico, come Poesie 2009-2016. Di solito una simile indicazione viene collocata come sottotitolo per “marcare” il periodo in cui le composizioni pubblicate sono state ideate e scritte. La scelta controcorrente di Roberto Mosi non deve assolutamente passare sotto silenzio o essere sottovalutata: qui il fattore tempo riveste importanza primaria, se non assoluta. Che significa rapportare composizioni poetiche al trascorrere del tempo? Tutti noi cambiamo: la vita lo esige, siamo come il sole alius et idem: in ogni istante il nostro essere muta. A volte cresce, a volte decresce e non per l’effetto degli anni (qui esuliamo dal fattore fisico), ma per le vicende interiori, provocate da un duplice fattore: quello esterno, determinato dalle relazioni, dai viaggi, dalle letture, dalle percezioni fisiche, e quello interno, sollecitato dalla meditazione, dalle preoccupazioni, dai sentimenti, emozioni, ricordi, moti consci e inconsci, che si mescolano e contrastano in un groviglio inestricabile, non documentabile nel fluire psichico da alcuna analisi, ma descrivibile dall’arte. E proprio in questo va colto l’invito dell’autore. A me sembra che egli ci chieda di rintracciare nelle diverse situazioni, vicende, raffigurazioni, immagini e descrizioni un periodo fecondo della sua vita. Pare invitarci a superare l’aspetto fenomenico per condurci lungo una strada più suggestiva, dove le sue esperienze diventano nostre esperienze, dove il suo sguardo abbraccia il nostro orizzonte, dove le sue parole producono echi a noi familiari. Basta soffermarci anche solo un istante sulla citazione di Marc Augé posta come esergo alla prima sezione Nonluoghi: «È nell’anonimato del nonluogo che si prova in solitudine la comunanza dei destini umani». La personale percezione della realtà grazie alla poesia abbraccia il mondo interiore di chi legge, il quale insieme all’autore si sottrae alla determinazione dello spazio tramite l’esperienza del viaggio. Il novecentesco homo viator in Mosi non è un emblema o, meglio, non è solo un emblema, è un evento che da situazione esterna viene trasferita su un piano di generale condizione umana. Pertanto si delinea il susseguirsi di sposamenti: dall’aereo al treno per arrivare all’interno della città con gli ospedali, le periferie, i mercati, i luoghi dell’acqua. L’io narrante si accorge come la singola realtà assuma significato solo se la si spoglia della superficialità di un velo fenomenico per assurgere a dimensione di mito. E qui saliamo di un grandino nella scala interiore: la mitologia classica si presenta come strumento di lettura della contemporaneità (desidero nascondere la mia chiave di lettura per lasciare aperte le porte alle considerazioni personali di chi si accosta a tali testi multiformi). Le singole figure vivono come eredità perenne nel nostro mondo da rendere intelligibile la “liquidità” dell’odierna società, per il fatto che si pongono come archetipi sui cui si è costruito la cultura occidentale. La sezione Viaggi ci porta in Toscana, nelle terre che hanno forgiato la prospettiva gnoseologica ed esistenziale dell’autore: paesaggi, luoghi, situazioni, colori, sapori, ombre e luce, personaggi. Poi improvvisamente la prospettiva si allarga al Mediterraneo e agli altri continenti, quasi estensione di quella sete interiore che spinse Ulisse a lasciare la propria terra per «divenir del mondo esperto». Ma la “lastra” su cui il poeta scopre impresso la personale impronta psichica è la città natale, Firenze, qui presentata non solo nel fascino dell’arte, ma anche nella passione che la lega a questo innamorato figlio. Le strade, i monumenti, le chiese, le manifatture, i personaggi, ne decantano la bellezza unica in tutto il mondo, chiaro segno dell’eccellenza della stirpe umana. Ma ogni persona vive anche di relazioni, di affetti, di capacità di amare e in Aquiloni il poeta entra nel privato con dolcezza e rispetto. Il mondo infantile viene ricreato in un’atmosfera di speranza e di gioia: i singoli ritratti vivono, palpitano, giocano sulla scena dell’esistenza. Con le loro scoperte, i sogni, le esplosioni creative infantili sono fonte di insegnamento e di beatitudine per gli adulti. Migrare: il dolore, la sofferenza, lo sradicamento è parte dell’esperienza umana, che non va dimenticata, sotto pena di sfuggire alla vita. Ce lo impone la nostra condizione di persone limitate e destinate a crescere nella sofferenza. Ecco allora profilarsi la tragedia di decine di migliaia di persone che nel Mediterraneo mettono a repentaglio la vita per sbarcare in Italia in cerca di un futuro. La sezione Viaggi ci porta in Toscana, nelle terre che hanno forgiato la prospettiva gnoseologica ed esistenziale dell’autore: paesaggi, luoghi, situazioni, colori, sapori, ombre e luce, personaggi. Poi improvvisamente la prospettiva si allarga al Mediterraneo e agli altri continenti, quasi estensione di quella sete interiore che spinse Ulisse a lasciare la propria terra per «divenir del mondo esperto». Ma la “lastra” su cui il poeta scopre impresso la personale impronta psichica è la città natale, Firenze, qui presentata non solo nel fascino dell’arte, ma anche nella passione che la lega a questo innamorato figlio. Le strade, i monumenti, le chiese, le manifatture, i personaggi, ne decantano la bellezza unica in tutto il mondo, chiaro segno dell’eccellenza della stirpe umana. Ma ogni persona vive anche di relazioni, di affetti, di capacità di amare e in Aquiloni il poeta entra nel privato con dolcezza e rispetto. Il mondo infantile viene ricreato in un’atmosfera di speranza e di gioia: i singoli ritratti vivono, palpitano, giocano sulla scena dell’esistenza. Con le loro scoperte, i sogni, le esplosioni creative infantili sono fonte di insegnamento e di beatitudine per gli adulti. Migrare: il dolore, la sofferenza, lo sradicamento è parte dell’esperienza umana, che non va dimenticata, sotto pena di sfuggire alla vita. Ce lo impone la nostra condizione di persone limitate e destinate a crescere nella sofferenza. Ecco allora profilarsi la tragedia di decine di migliaia di persone che nel Mediterraneo mettono a repentaglio la vita per sbarcare in Italia in cerca di un futuro. L’umanità è ancora ben lontana da superare egoismi e rivalità che conducono gli Stati a destinare risorse, intelligenza e impegno a fare la guerra: nella sezione Pace, guerra sfilano persone, situazioni, drammi, urla, silenzi, stragi, sofferte dall’autore come esperienze personali. Invasione degli storni segna una pausa, un momento di approfondimento meditativo sulla situazione contemporanea, segnata da molteplici problemi. La realtà si interiorizza e amplia i confini della percezione e della conoscenza personale. Flora, la primavera, l’espandersi gioioso della natura in una creazione perenne che perpetua l’esistenza, l’arte e l’amore. Golfo di Baratti e Populonia, due località toscane, offrono il destro per entrare nel mistero dello scorrere del tempo. Giungiamo quindi alla terza sezione, dove domina Proust. La recherche dello scrittore francese costituisce una vera e propria discesa interiore agli inferi. Chiunque si sia cimentato con quest’opera, ne è uscito accecato dai bagliori di originale conoscenza che dispensa a ogni pagina. Mosi testimonia come l’autore francese sappia incidere sul lettore. Ci troviamo, pertanto, di fronte ad un’opera composita, che nella ricchezza tematica tramite il giusto equilibrio stilistico ci guida a un viaggio, le cui soste non sono programmate dalle guide turistiche, ma determinate dagli stati d’animo di chi ha inteso consegnarci in dono la preziosa esperienza di alcuni anni della propria vita. |
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