Il libro “Navicello Etrusco”, Il Foglio Piombino, ha ottenuto il “Diploma d’onore con menzione d’encomio” al Premio Internazionale “Michelangelo Buonarroti” 2022, Comune di Seravezza, Sezione Poesia Edita
Presentazione del libro con breve video
“Il ‘navicello etrusco’ di Mosi approda alla Casa di Dante” – Michele Brancale
La Nazione
15/06/2018
Firenze, 15 giugno 2018 - Roberto Mosi conduce il ‘Navicello etrusco’ (Il foglio editore), Premio Giuria ‘Casentino’ selezionato al Premio letterario Camaiore, lungo 52 tappe, 21 nella sezione ‘Lo specchio di Turan’, sotto lo sguardo della dea etrusca dell’amore e altrettante nella seconda parte del libro, ‘L’ombra della sera’.
Il volume è stato presentato a Firenze, alla ‘Casa di Dante’, a cura del Circolo degli artisti. Mosi predilige il verso breve, definendo così un ritmo per il protagonista di questa sua nuova prova, una persona avanti negli anni che ha la grazia di poter accompagnare vite nascenti, che si sono come “intrufolate” nella sua, lontano dalla fragilità della debolezza fisica decifrata ne ‘L’invasione degli storni’ (2012). Uscito da quel percorso, da quella valle in cui la figura di una sorella bambina lo accompagnava senza lasciarlo solo, “il mondo sospeso/ ha ritrovato la vita” grazie a una nascita inaspettata. Ora, nel ‘Navicello etrusco’, il protagonista descrive una stagione estiva a Piombino, descrivendola nella sua solarità e nelle sue vestigia etrusche, per cercare un senso di vita con gli altri anche quando, a Ferragosto, ma non solo, “ci si affanna immemori/ coi cellulari in mano”.
Mosi canta la città nave,la città libro e la città lanterna e al tempo stesso guarda con curiosità al “terzo paesaggio”, identificato da Gilles Clement “come l’insieme dei luoghi abbandonati dall’uomo” dove la vita si rigenera in un’apparente, periferica, confusione. La solarità della prima sezione non sparisce ne ‘L’ombra della sera’, quanto illumina alcuni scenari, antropologici e sociali, che Mosi ha negli anni studiato e sentito più suoi, avvertendone la decisività. Se gli etruschi lo spingono a indicare la mitologia e i suoi significati “Il sangue nutre la vita del mito”, la visione cristiana ne rivela, con un procedimento caro a Girard, i meccanismi violenti svelati dal Vangelo che puntano sempre a trovare un capro espiatorio su cui scaricare cause e responsabilità delle paure e delle tensioni.
Appaiono allora gli immigrati, nuovi capri espiatori del presente, di cui Mosi ha scritto anche in precedenti raccolte, parte delle quali confluite in ‘Poesie 2009-2016′ (Ed. Ladolfi): “E’ arrivato dai paesi dell’est/ lo stormo di uccelli migratori,/ la notte dormono in stazione./ All’alba raccolgono gli averi,/ nascondono i cenci fra i rami/ in mezzo ai nidi dei piccioni,/ sopra i chioschi delle aranciate./ Uccelli vestiti da spazzino/ al mattino afferrano i sacchi./ La sera si cerca un altro riparo/ più vicino ai nidi delle rondini”. C’è una stella cometa da seguire e per Mosi si ferma su piazza Stazione, a Firenze: “E’ forse simile/ a un dio l’uomo/ che dorme in piedi/ alla porta della stazione/ discosto dal muro/ i ginocchi piegati/ la testa in avanti./ Intorno la folla/ del mattino”. Le mani e gli sguardi dei bambini profughi trasformano in nuove Betlemme le città in cui appaiono in cerca di adozione.
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“La recensione di un musicista”
Mi sono imbarcato sul suo Navicello Etrusco di Roberto Mosi e, grazie a lui, ho potuto vivere un’esperienza unica visitando luoghi a me sconosciuti e ascoltare “la musica delle sue storie”. Ecco le mie impressioni. Un libro che racchiude una moltitudine di riferimenti all’arte etrusca ed ai miti che popolano le raffinate liriche ospitate nel singolare testo; canti attraverso i quali il poeta ci consente di condividere il suo viaggio nell’antica Etruria a bordo del proprio Navicello che, sospinto dalla brezza marina, percorre la tratta di mare tra Populonia ed il promontorio di Piombino, dal Golfo di Baratti all’isola d’Elba e Follonica. Il poeta si fa archeologo ed avventuriero riuscendo a rinvenire sotto manti polverosi di luccicante pirite, anfore ed altri tesori etruschi. Ad ogni tappa del Navicello una nuova storia, un nuovo incontro, una nuova scoperta, a volte tangibile, a volte intangibile. Storie di genti lontane con i loro mestieri dai quali emergono resti affascinanti che lasciano intravedere l’erudita civiltà. Ma come ogni popolo, anche quello etrusco vanta i suoi miti e non manca occasione al nostro “marinaio” di imbattersi in tali divinità. Fra esse spicca Turan, la dea dell’amore, erede del mondo antico, divinità della terra e della fecondità. Ma ad ogni attracco del Navicello, ad accogliere lo sbarco del nostro poeta c’è la musica etrusca. Molto amata da questa civiltà, essa accompagnava qualsiasi attività delle loro giornate. Suoni, danze e canti ispirati dai suoni suggeriti dalla natura come il mormorio del bosco, il fragore del mare, lo scorrere del torrente, lo zampillare della sorgente, suoni riprodotti con l’aulos, il più celebre strumento a fiato simile al flauto e simbolo della cultura musicale etrusca, sovente accompagnato da crotali, tympanun e lira.
Ma il Navicello ora cambia la sua rotta facendo vela verso i tempi odierni e allora ecco emergere i ricordi di una Populonia barbaricamente distrutta e saccheggiata i cui soli baluardi a testimoniare la gloria del passato. Scene agghiaccianti di resti di tombe mostrano inoltre l’aspetto crudele di un popolo, segni impressi su un corpo trafitto da chiodi ricurvi per fissare saldamente al suolo carne e spirito di chi si pensava fosse stata una strega. Le vele gonfiate da Zefiro inducono il Navicello a proseguire il suo viaggio; riconosce il poeta il volto dell’Imperatore all’Elba esiliato, poi il terrore per le flotte di aerei che come falchi nemici, senza scrupolo sorvolano il mare. Anche i fumi delle ciminiere più non disegnano in cielo i profili di plumbee nubi mutati dal vento. Miglia dopo miglia il Navicello prosegue il suo viaggio ed i ricordi più vicini e lontani lasciano ora al poeta un futuro di speranza. Egli ammira con lo sguardo del passato ciò che è rimasto nel presente e allora, perché non ripartire tuffandosi attraverso le vie del mito ai tempi delle origini?
Ma in questo viaggio di ritorno nel passato il poeta incontra i migranti del nostro tempo in cerca di una terra generosa di ospitarli - non poche le insidie del mare che sovente pretende quei corpi. Il “capitano” del Navicello or prega per loro rivolgendosi alla Madre Vergine, madre anche di tutti quei figli dispersi con tragica fine sperando di intraprendere una rotta sulla via della solidarietà e della pace. Sparita anche la musica che allietava lo spirito e che forse or risuona come ricordo nel cuore del poeta, migrato verso lidi lontani dove regna la pace.
Umberto Zanarelli
(Pianista, interprete di livello internazionale, la poliedrica figura di Umberto Zanarelli non abbraccia soltanto la musica ma anche la poesia, la letteratura e la composizione)