Gli anelli dei poeti, Firenze

Percorrere le strade dei poeti del ‘900 - Incontro Unitrè di Piombino - Ne parla “Literary”

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Dopo l’incontro all’Università delle Tre Età, Unitrè di Piombino, dedicato a “Firenze, le strade di Dante”, il 28 l’incontro è stato sul tema “Firenze, le strade dei poeti del ‘900″. I percorsi proposti per “incontrare” i poeti, le loro opere e lo sguardo che hanno rivolto al paesaggio circostante, sono ad anello, da compiere possibilmente a piedi, con un gruppo di amici, i libri preferiti sotto il braccio, pronti a leggere nei luoghi più suggestivi, le poesie scelte insieme, a voce alta.

I poeti indicati sono di Firenze o di altre città italiane o di paesi stranieri, che comunque nella città di Dante hanno soggiornato per un periodo di tempo significativo. L’attenzione è stata rivolta a tre zone della città, per ognuna delle quali è presentato un anello: - 1°: L’Anello del Centro - 2°: L’Anello d’Oltrarno (e oltre) - 3°. L’Anello di Settignano (e oltre).

Il simbolo che denota questo programma presenta, con i tre cerchi dai diversi colori, intrecciati, l’immagine della celebre opera dell’artista belga Jean Jacques Folon “L’uomo della pioggia”, la statua che al centro della rotonda stradale, presso Il Teatro Tenda, accoglie i viaggiatori che arrivano dall’Autostrada del Sole. L’elenco dei poeti indicati nei riquadri degli anelli, è solo introduttivo, come per saggiare l’argomento, molti altri potrebbero essere presentati; fra questi, sono presentati anche poeti di epoche precedenti al XX secolo, per mostrare una trama che si distende nel tempo.

Per “l’Anello del Centro” cittadino, la prima tappa è in via Cavour 23 dove era posto il Caffè storico Michelangiolo. Luogo di animatissime discussioni sia d’ordine artistico che politico, ha visto come protagonisti un sodalizio d’artisti, quasi tutti toscani, che dopo il 1860 hanno animato vivacemente il panorama artistico italiano e hanno contribuito in modo decisivo al rinnovamento dell’estetica pittorica tradizionale. In particolare qui si ritrovavano i giovani artisti in rivolta con l’arte accademica della vicina Accademia di San Marco, che per la loro maniera di dipingere con larghe macchie di colori puri vennero definiti Macchiaioli. Si davano qui convegno: Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, Adriano Cecioni, Diego Martelli… Successivamente alla chiusura, i letterati del Caffè Le Giubbe Rosse (Papini su tutti) apposero sul muro del vecchio Caffè una lapide, visibile ancora oggi, per omaggiare quello che è stato il primo Caffè letterario di Firenze.

5-giubbe-rosse L’altra tappa in Piazza della Repubblica, al Caffè storico delle Giubbe Rosse. II locale fu fondato nel 1897 dai fratelli Reininghaus, produttori di birra tedeschi. Secondo la moda viennese del tempo, i camerieri indossavano giubbe rosse tanto che i fiorentini, trovando difficoltà nel pronunciare il nome straniero del caffè, preferivano dire: “andiamo da quelli delle giubbe rosse”. All’inizio il caffè ospitava un circolo scacchistico dove, si narra, fossero passati diversi appassionati di scacchi, come Lenin, ed anche poeti ed intellettuali tra i quali Gordon Craig, André Gide, Medardo Rosso. Dal 1913 divenne sede fissa dei futuristi fiorentini, trasformandosi in luogo di incontro per letterati e artisti italiani e stranieri. Tuttora le pareti sono interamente coperte da foto, disegni e memorie dei suoi celebri frequentatori. Fu teatro della rissa tra i futuristi milanesi di Marinetti e gli artisti fiorentini raccolti intorno alla rivista La Voce, sulla quale Ardengo Soffici pubblicò un articolo che attaccava i rivali futuristi di Milano. In tempi recenti il locale ha subito vari cambiamenti di gestione ed oggi, dopo una lunga crisi, è stato chiuso.

Dell’epoca, significativa la poesia di Aldo Palazzeschi (Firenze 1885 – Roma 1974)

La passeggiata

[da L’incendiario 1913]

- Andiamo?

- Andiamo pure.

All’arte del ricamo,

fabbrica passamanerie,

ordinazioni, forniture.

Sorelle Purtarè.

Alla città di Parigi.

Modes, nouveauté.

fiaschetteria,

mescita di vino.

Loffredo e Rondinella

primaria casa di stoffe,

panni, lane e flanella…..

Ulderigo Bizzarro

fabbricante di confetti per nozze.

Giacinto Pupi,

tinozze e semicupi.

Pasquale Bottega fu Pietro,

calzature…

- Torniamo indietro?

- Torniamo pure.

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Il passaggio successivo a Palazzo Strozzi, alla figura di Eugenio Montale e al ricordo del suo incarico di direttore dello storico Istituto Vieusseux che attualmente ha sede nel palazzo. Del poeta ricordiamo la memorabile poesia:

Eugenio Montale (Genova 1896- Milano 1981. A Firenze dal 1927 al 1947)

La casa dei doganieri

[da Le Occasioni , 1939]

Tu non ricordi la casa dei doganieri

sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:

desolata t’attende dalla sera

in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri

e vi sostò irrequieto. …

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Nel percorso poi l’incontro con i vicini Lungarni fino al parco delle Cascine, per completare il nostro primo Anello dei Poeti, precisamente alla Fonte del Narciso. Il poeta inglese Shelley (Horsham, 4 agosto 1792 – Viareggio, 8 luglio 1822), uno dei più celebri lirici romantici, in questa parte del parco – in una giornata di vento del 1819 – trasse ispirazione per comporre la famosa “Ode al vento occidentale” (Oh tu, selvaggio vento dell’Ovest…).

L’Ode al vento dell’Ovest si apre con un’invocazione diretta al vento, fenomeno atmosferico che è al contempo distruttivo e vivificante (destroyer and preserver, v. 14). In un accumulo inesauribile di immagini, Shelley - nelle forme proprie dell’ode - descrive le varie azioni compiute dal vento, «alito dell’autunno» (breath of Autumn’s being, v. 1): esso, infatti, spoglia gli alberi delle loro foglie e le trascina via, ma trasporta anche i semi che, dando vita a nuovi germogli, faranno rinascere la Natura con il sopraggiungere della primavera.

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I - O tu, selvaggio vento occidentale,

respiro dell’autunno, dalla cui

presenza impercettibile le foglie

morte sono sospinte come spiriti

che fuggono da un mago incantatore,

pallide, e gialle, e nere, e rosse come

la febbre, moltitudini dal morbo …

Per il secondo Anello dei Poeti nel quartiere dell’Oltrarno, il percorso parte da Piazza S. Felice, dove visse Elisabeth Barrett, sepolta al Cimitero degli Inglesi: poetessa inglese, nata a Durham e morta a Firenze nel 186, sposò nel 1845 il poeta Robert Browing e con lui si trasferì a Firenze. Fra le sue, celebri, poesie:

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In quanti modi ti amo?

In quanti modi ti amo? Fammeli contare.

Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza

Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile …

Passaggio di rilievo del percorso nell’Oltrarno: il ricordo di Umberto Saba al Teatro degli Artigianelli (via dei Serragli) e la poesia dedicata al Teatro:

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Umberto Saba (Trieste 1883 – Gorizia 1957. A Firenze negli anni ’40)

Teatro degli Artigianelli (sett. 1944)

Falce martello e la stella d’Italia

ornano nuovi la sala. Ma quanto

dolore per quel segno su quel muro!

Esce, sorretto dalle grucce, il Prologo.

Saluta al pugno; dice sue parole

perché le donne ridano e i fanciulli

che affollano la povera platea.

Dice, timido ancora, dell’idea

che gli animi affratella; chiude: “E adesso

faccio come i tedeschi: mi ritiro”. …

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Il percorso attraversa il Giardino di Boboli fino al Forte di Belvedere, per scendere poi a Porta S. Niccolò e per accedere al Giardino delle Rose. La camminata prosegue per Piazza Poggi, il ponte S. Niccolò, via Gioberti, fino al Parco di S. Salvi: presso l’ex Direzione del Manicomio, il ricordo di Dino Campana (ricoverato la prima volta nel 1909), la sua poesia, la follia, l’amore per Sibilla Aleramo:

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Dino Campana (Marradi 1895 – Castel Pulci 1932)

Sibilla Aleramo e Dino Campana, da “Un viaggio chiamato amore”

In un momento

Sono sfiorite le rose

I petali caduti

Perché io non potevo dimenticare le rose

Le cercavamo insieme

Abbiamo trovato delle rose

Erano le sue rose erano le mie rose

Questo viaggio chiamavamo amore …

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Il ricordo nel parco dell’ex Manicomio di San Salvi anche di Pablo Neruda: una sua poesia fu dipinta nel 1975, al momento dell’apertura di questo spazio alla città, dai ricoverati e da un gruppo di artisti, sul muro di un vecchio edificio dell’ospedale, in ricordo della visita a Firenze del poeta cileno, nel 1951:

Pablo Neruda (Parral 1904 – Santiago 1973)


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La città

E quando in Palazzo Vecchio,

bello come un’agave di pietra,

salii i gradini consunti,

attraversai le antiche stanze,

e uscì a ricevermi un operaio,

capo della città, del vecchio fiume,

delle case tagliate come in pietra di luna,

io non me ne sorpresi:

la maestà del popolo governava. …

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Il Terzo Anello dei Poeti è riferito alla zona di Settignano: la partenza da Ponte a Mensola, ai piedi della collina di Settignano, nel nome di Giovanni Boccaccio che in questa verde area passò i primi anni della vita, ambientò il poemetto “Ninfale fiesolano” e le giornate del Decamerone. Si prosegue per via della Capponcina, in forte salita verso Settignano, nello splendido paesaggio dei colli fiorentini, con la sosta all’omonima villa di Gabriele d’Annunzio (1898- 1910) e alla villa “Porziuncola” di Eleonora Duse. Il pensiero al paesaggio circostante, nella mente la celebre poesia:

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La sera fiesolana (da Alcyone 1903)

Fresche le mie parole né la sera

ti sien come il fruscío che fan le foglie

del gelso ne la man di chi le coglie

silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta

su l’alta scala che s’annera

contro il fusto che s’inargenta

con le sue rame spoglie

mentre la Luna è prossima a le soglie

cerule e par che innanzi a sé distenda un velo

ove il nostro sogno si giace

e par che la campagna già si senta

da lei sommersa nel notturno gelo

e da lei beva la sperata pace

senza vederla. ,,,

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Nell’ultima parte del percorso, l’incontro con il fiume Arno, in riva destra, dalla Pescaia di S. Andrea a Rovezzano al Centro di Firenze: con noi il ricordo di Mario Luzi (Sesto Fiorentino 1914 – Firenze 2005): in questa zona – rione di Bellariva - ha abitato negli ultimi quaranta anni della vita e nella sua poesia tiene un costante dialogo con il fiume:

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All’Arno (da La Barca, 1935)

Sulla sponda che frena il tuo pallore

cercando nel tuo passo profondo

la forza che ti fa sempre discendere

noi sentivamo tremare in cuore

la nostra purezza, senza credervi

più, come un povero velato da un sogno

sorride di quella sfuggente carezza.

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Il nostro percorso termina con la straordinaria poesia di Mario Luzi “Vanno ai monti i monti”, resa per immagini, raccolte in un video (con la voce dell’autore del presente testo), riprese dalle colline di Settignano, guardando lontano, verso la terra del Chianti e dell’amata città di Siena (https://www.youtube.com/watch?v=p-1CwtO66ko ).

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Vanno ai monti i monti (da “Sotto specie umana”, 1999)

Vanno ai monti i monti

da soli o con le nubi

sulla cresta o ai fianchi,

si uniscono, si salgono sulla groppa,

si celano l’un l’altro,

si confondono

terra in cielo,

cielo in rupi d’aria e nuvole,

cammini non sappiamo se per uomini o per numi

ne varcano le mutevole frontiera

a scendere e discendere

è il loro moto

tra roccia e terra di pianoro

aperto, senza riparo

dalle origini alle origini. …

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