“ORFEO IN FONTE SANTA”
Giuliano Ladolfi Editore
Alcune riflessioni sul poemetto di Roberto Mosi
Luciano Valentini, Siena 19 luglio 2019
“Orfeo canta ancora e lo fa per mezzo della voce del poeta Roberto Mosi. Infatti “Orfeo in Fonte Santa” (Firenze, Giuliano Ladolfi Editore, maggio 2019) è un bellissimo poemetto di Roberto Mosi, che sa benissimo coniugare la ricerca poetica con la ricerca fotografica e che celebra questa fonte denominata in vari modi: Santa, Sacra, Fonte Castalia, Fonte dei Baci.
La fonte è locata presso San Donato in Collina al centro di un territorio denominato “Costa del sole” e di un’area boschiva quasi unica per l’aria salubre, attraversata da un sentiero denominato “via Maremmana” percorso da amanti del trekking e da ciclisti: un luogo frequentato nel Seicento dai giovani poeti dell’Arcadia fiorentina, i “Pastori Antellesi” (tra i quali primeggiò il poeta Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del famoso scultore rinascimentale, del quale è riprodotta l’epigrafe per la fonte), che chiamarono questa fonte la “Fonte dei Baci” e che in seguito fu teatro di aspri e sanguinosi scontri nel periodo della lotta partigiana (non a caso la dedica recita: “In ricordo di David, partigiano in Fonte Santa”, cioè dell’operaio comunista David Daviddi).
Il canto mi prende, mi porta
a cantare lo scorrere del tempo
nel bosco sacro di Fonte Santa,
accordo la mia voce al suono
delle acque, al respiro del vento,
al vibrare delle foglie, guidato
dalla musica del flauto d’oro.
Così oggi canta Orfeo, cioè il poeta Mosi, perché il racconto mitico dello sposo di Euridice rivive, nel presente, con sembianze nuove, nella nostra cultura. E’ un canto disteso, quasi celebrativo, in strofe dal vario numero di versi (da due a sette); versi che sono lunghi composti, di una lunghezza variabile in quanto vanno dal settenario all’endecasillabo; senza rima. Con una musicalità che talvolta si avvicina a quella della prosa lirica.
In queste strofe il passato si confonde con il presente, si rievoca la radice del mito dentro lo scorrere del tempo e nel respiro della natura: genti etrusche, romane, pellegrini, mercanti…; stormi di anatre in volo, gli azzurri monti lontani. Si rievoca l’epoca favolosa dei “Pastori Antellesi” e quella della guerra e della lotta partigiana nei giorni della Liberazione ed anche il tempo recente di una sanguinosa tragedia che ha visto come vittima una giovane donna. Dice il canto:
Più volte la notte ha disteso
la sua ombra d’improvviso
fra le piante del bosco,
sui giorni della nostra vita.
Ecco: il richiamo di quella voce delle acque della Fonte Santa, di quel bosco sacro che la circonda, è quello di un invito alla ricerca di una semplicità di vita all’interno del mito e della natura”.