La poesia di Pablo Neruda e l’ex Manicomio di San Salvi

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Murale - Festa 25 aprile 1° maggio 1978

Nei giorni dal 25 aprile al 1° maggio San Salvi, ancora città manicomio, si apre a Firenze. Psichiatri, infermieri, studenti, lavoratori organizzano una grande festa popolare che vede la partecipazione di migliaia di persone alcune delle quali entrano per la prima volta a San Salvi: giovani, donne, uomini, bambini, anziani incontrano i matti. I giovani della Brigata Rodolfo Boschi di Grassina, che fanno capo alla locale sezione del PCI, decidono di realizzare nell’occasione un murale sulla facciata di un edificio posto al confine dell’immensa area; lo fanno durante la festa con la guida di due artisti esuli cileni: sono gli anni immediatamente successivi al golpe di Pinochet.

I ragazzi aiutati anche da artisti della Tinaia, colorano collettivamente un grande disegno creato dagli esuli cileni al cui centro campeggia la trascrizione di una bella poesia, “La città” che Pablo Neruda dedicò a Firenze quando nel gennaio del 1951 venne a ritirare la cittadinanza onoraria a lui conferita dal primo sindaco del dopoguerra, Mario Fabiani, che il poeta incontrò nell’occasione. La scelta cadde su questa poesia soprattutto per i versi in cui Neruda affermava di essere arrivato a Firenze in un momento in cui “nel riverbero ancora vivo della Resistenza, la maestà del popolo governava”: i giovani della Brigata Boschi vollero collegare quel momento straordinario all’altro, che stavano vivendo in quei giorni del ’78 di superamento del manicomio.

L’Italia viveva uno dei momenti più bui della storia della Repubblica. Aldo Moro era prigioniero delle Brigate Rosse che l’avrebbero ucciso dopo pochi giorni, precisamente il 9 maggio. Ma intento arriva a compimento il lungo percorso di superamento del manicomio avviato da Franco Basaglia nel 1961 a Gorizia. Il 13 maggio veniva infatti approvata la legge 180 ed iniziava un lungo re complesso processo di chiusura dei manicomi che si sarebbe concluso solo dopo oltre venti anni.

La Soprintendenza Architettura Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato riconoscendo l’alto valore storico e sociale del Murale di San Salvi, ha ripetutamente vincolato l’opera sino agli ultimi definitivi provvedimenti nel 2014 con il DDR n. 454 del 6 ottobre 2014.

Chille de la balanza San Salvi Città Aperta Progetto Memoria

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“La città” di Pablo Neruda

(trad. Dario Puccini)

E quando nel Palazzo

Vecchio,

bello come un’agave di pietra,

salii gli scaloni consumati,

attraversai le antiche stanze,

e venne a ricevermi

un operaio,

capo della città, del vecchio fiume,

delle case tagliate come in pietra di iuna,

io non mi sorpresi:

la maestà del popolo governava.

E guardai al di là della sua bocca

i fili abbaglianti

della tappezzeria,

i quadri che da queste vie tortuose

erano usciti a rivelare il fiore della bellezza

a tutte le vie del mondo.

L’infinita cascata

che il fine poeta di Firenze

aveva lasciato di continuo cadere

senza che mai possa morire,

perché di fuoco rosso e d’acqua verde

sono fatte le sue sillabe.

Tutto dietro alla sua testa operaia

io scorsi. Ma dietro a lui

non era l’aureola

del passato il suo splendore:

era la semplicità del presente.

Come un uomo,

dal telaio o dall’aratro,

dalla fabbrica oscura,

salì le scale

con il suo popolo

e nel Palazzo Vecchio, senza seta e senza spada,

il popolo,

lo stesso

che valicò con me il freddo

delle Cordigliere delle Ande,

stava là. D’improvviso,

dietro la sua testa,

vidi la neve,

i grandi alberi che s’erano uniti alle cime

e qui, di nuovo

sopra la terra,

m’accoglieva con un sorriso

e mi dava la mano,

la stessa

che m’aveva indicato il cammino

laggiù,

lontano, nelle ferruginose

ostili Cordigliere che aveva vinto.

E qui né la pietra

trasformata in miracolo, né la luce

procreatrice, né l’azzurro beneficio della pittura,

né tutte le voci del fiume

mi diedero la cittadinanza

della vecchia città di pietra e argento,

ma un operaio, un uomo,

come tutti gli uomini.

Per questo credo

ogni notte nel giorno,

e quando ho sete credo nell’acqua,

perché credo nell’uomo.

Credo che stiamo salendo

fino all’ultimo gradino.

Da lì vedremo

la verità spartita,

la semplicità instaurata sulla terra,

il pane e il vino per tutti.

PABLO NERUDA, Le uve d’Europa, in Poesie, trad. di Dario Puccini, Firenze, Sansoni, 1962.

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