Editing? Uguale a caccia di parole.
Solo che il cacciatore inforca gli occhiali
imbraccia la penna e parte. Cadono per primi
amore che fa rima con cuore,
i sentimenti raggrumati e il macerato disgusto
perché copiati da un testo modesto,
obsoleto. Parole troppo antiche
spostano il tono, il ritmo, il timbro.
Editing? Il cacciatore è esangue, il verso langue.
Cancella e la rima si fa bella.
Sposta più su, più giù, di qua, di là.
Alza il finale. Niente deve essere banale.
Il poeta sorride, si affida al premuroso cacciatore
che borbotta, bisbiglia, consiglia, legge,
corregge, sottolinea, guida senza sosta.
Il poeta rassicurato sorride: si rasserena adesso
che è in mano dell’esperto.
Editing? Mi sorge acceso un dubbio.
Che sia la poesia stessa
a farsi beffa dell’editing?
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Annamaria Volpini