L’inaugurazione della Mostra, avvenuta il 20 febbraio, è stata ripresa dal video che segue: youtube .
Il catalogo della Mostra è riportato nell‘e-Book “Firenze, fotto grafie”, edizioni www.laRecherche.it .
La Mostra nella sua articolazione propone otto passaggi riferiti alle varie fasi della ricerca fotografica di Roberto Mosi. Ogni fase è legata a un progetto, a una riflessione che intreccia, il più delle volte, la ricerca delle immagini con il linguaggio e il racconto poetico; un linguaggio che nella Mostra evapora, si addensa con le parole della poesia appese alle pareti, intorno alle immagini fotografiche.
Uno dei campi di ricerca richiamato dalla Mostra nella prima sezione, è quello dei nonluoghi: la parola coniata da Marc Augè per gli spazi attraversati da folle d’individui, dove non si costruiscono identità. Nelle fotografie questi luoghi acquistano più volte una personalità, portano a rilevare tracce di nuove socialità. L’elemento posto in risalto è la capacità della fotografia di “trasformare anche i soggetti più inconsistenti in un unico immaginativo di grande importanza” (v. C. Cotton La fotografia come arte contemporanea). La scommessa è di creare identità, seguendo “una nuova sensibilità per interpretare il mondo, conformato, caotico e indecifrabile che ci sta dinanzi” (v. G. Basilico Architettura, città, visioni).
Le due sezioni successive riguardano le periferie e i cantieri per i lavori della tranvia che oggi sconvolgono molte strade cittadine. Per questi ultimi la ripresa fotografica è rivolta allo sguardo del passante, impegnato a superare marciapiedi sconvolti, sguardo limitato dal sipario delle reti. La Firenze del Mito è resa con le immagini di statue classiche, in posizione solenne, erette davanti al paesaggio,
l’obiettivo si muove intorno all’opera e coglie un punto “magico”, il suo “sguardo” sul paesaggio circostante, per conquistare ogni volta l’aura che circonda l’opera, che la rende unica. Ritorna alla mente a questo proposito il pensiero di Walter Benjamin che invitava a riflettere su come la fotografia ci aiuti a liberare le energie racchiuse nel mito e a darne forma e significato.
L’attenzione poi dell’autore per Firenze spazia dalla cultura rinascimentale al ruolo d’icona odierna del turismo, grazie al glamour scintillante della moda e delle griffe internazionali al cospetto delle antiche vestigia, come il Duomo e Palazzo Vecchio, che si riflettono nelle vetrine dei negozi, arrivano a giocare con le siluette dei manichini (Firenze riflessa, Moda e oltre).
Altri passaggi, Firenze dietro la facciata e Firenze calpestata. Per quest’ultima sezione l’attenzione è sulla città e le sue fisionomie storiche, silenti sotto il calpestio dei passanti, come la lapide
in Piazza della Signoria posta a ricordo di Savonarola. Si offrono inquadrature fotografiche di figure sorprese in scorci dal basso, nella dinamica degli arti inferiori. Ruotano una galleria di persone/personaggi: il/la turista, i podisti, la studentessa, ecc., per disegnare sulla mappa cittadina la vita brulicante dell’oggi. Una collezione di opere fotografiche che fa dello scatto digitale un’idea-immagine, un “dispositivo di senso individuale e collettivo” (vedi S. Ranzi, “Pegaso”, sett. 2014).
Il percorso della Mostra termina con L’altra Florentia, alla ricerca d’immagini legate alla Firenze della speranza per il futuro e ai suoi caratteri profondi, la geometria delle sue architetture rinascimentali e dell’oggi, la bellezza di un paesaggio unico nella storia.