Il nuovo libro di Roberto Mosi parte da uno spunto narrativo di Italo
Calvino sul volo degli storni (“L’invasione degli storni”, in Palomar,
1983):
«Nell’aria viola del tramonto egli guarda affiorare da una
parte del cielo un pulviscolo minutissimo, una nuvola d’ali che
volano. Si accorge che sono migliaia e migliaia: la cupola del cielo
ne è invasa. Quella che fin qui gli era sembrata un’immensità
tranquilla e vuota si rivela tutta percorsa da presenze rapidissime e
leggere”.
La nuova Raccolta, che segue i libri “Nonluoghi” (2009) e
“Luoghi del mito” (2010), è una trilogia poetica che descrive un
viaggio nel mondo contemporaneo, ormai degradato e senza centro,
che parte dalla Valle dell’Inferno, luogo poetico e soprattutto
campaniano per eccellenza, per proseguire nella Via del Purgatorio
e raggiungere il Nuovo Cinema Paradiso.
Nell’Inferno della radura del Mugello (provincia di Firenze), gli
animali dimostrano tutta la loro perplessità circa il destino dell’uomo
così come Gabriella, musa ispiratrice e novella Beatrice, indica la
via:
«La cornacchia sfoglia / le pagine, scuote la testa / mi spinge fuori dalla
valle. / La cascata sbarra il sentiero / l’acqua scende fragorosa. / Salto tra
le onde, sui massi / in cerca della via d’uscita. / Scopro la grotta oltre il
salto / dell’acqua, Gabriella mi porge / la mano: “Dopo la valle / scoprirai il
tempo dell’Attesa”»
Nella Valle dell’Inferno al posto dell’armonia del passato e della
ricomposizione delle contraddizioni dei giorni nostri, predominano le
scaglie e i frantumi della civilizzazione presente che distrugge e
inquina, invece che purificare separando ciò che dura da ciò che
deve essere distrutto, ciò che è fatto per servire da quello che è
puro prodotto del profitto. L’Inferno è dunque questo, l’Indistinto, il
luogo nel quale tutto è mescolato e il puro è tratto nel gorgo
dell’impuro:
«Congestione di rifiuti urbani / nelle discariche a cielo aperto, / i topi si
tengono per la coda / fanno festa gabbiani in volo / gatti impigriti dal
grasso. / Ogni rifiuto giunge alla meta / differenziato per contenitore, / la
Coscienza divide i rifiuti. / Umido organico: scarti / di cucina, erbe del
prato. / Carta e cartone: giornali, / libri, fumetti, quaderni. / Plastica:
bottiglie d’acqua, / involucri, piatti, sacchetti / Vetro: vasetti, brocche, /
specchi, lampade, bicchieri. / Mondo virtuale: baci, amore, / passione,
sentimento, emozione»
L’Inferno è il non luogo del consumo e della minaccia, della
disarmonia tra la realtà sognata e il progetto globale che la nega in
nome di una smodata e forsennata corsa al profitto: dunque, la
negazione di una vita armoniosa. autentica.
Il Purgatorio è una Sala d’Attesa dove si scontano i peccati sotto
forma di malattia. Il luogo della sofferenza, della ricerca di una
guarigione che si fa aspettare infliggendo sofferenza e disagio a chi
ne è la vittima spesso incolpevole, spesso inconsapevole, sempre
timorosa e schiacciata dal male:
«Nella Sala d’Attesa l’odore / dell’alcol, il battito del tamburo / la pelle
secca della lingua. / Folla nella Sala d’Attesa / la porta aperta sul
Reparto, / il gioco degli scacchi, / per pedine la vita e la morte. / Passi
sulla sabbia tra miraggi / evanescenti, il Tumore / tesse il tempo
dell’Attesa. / Il maglio colpisce la facciata / abbatte la parete di rosso / un
boato invade l’ospedale. / Tra le gru e le escavatrici / sopravvive solo il
Reparto”
Ed è nel Reparto che si consuma l’Attesa fatta di squallore,
sofferenza, assenza; tra le sue mura fatte di gesso e di lacrime si
cerca se stessi e ci si accinge a rinnovare la propria dimensione più
profonda per essere di nuovo capaci di vivere e di giungere a quel
Paradiso fatto d’illusioni e di felicità che è la Fabbrica dei Sogni. Nel
Reparto incombe il Ragno che tesse la tela del destino, che
scandisce il passare del tempo, che annota e trattiene i passi di chi
vorrebbe fuggirne ma non può.
Chi ci riesce, infine, si slancia alla ricerca di qualcosa – Nuovo
Cinema Paradiso - che prima, nel Reparto, gli era stato negato e che
solo ora prende consistenza – ed è “la materia di cui sono fatti i
sogni”:
”Suona la mia canzone, / Sam. Come a quel tempo”. / Implora dallo
schermo, / lo sguardo di Ingrid, vago il suo sorriso. / “Canta: As Time
Goes By”. / Ripeto le sue parole, / seguo Gabriella nel film. / Sono alle
spalle di Bogart / sulla pista dell’aeroporto, / sento le parole dell’addio. //
La mia mano non stringe / Gabriella, la poltrona è vuota»“
“La vita è fatta d’illusioni e di sogni proiettati su un telone che
s’illumina della gioia immensa dell’immedesimazione con l’altra
faccia della Luna. Il Paradiso è perdersi in essa e ritrovarsi dall’altra
parte. Mosi – il commento di Giuseppe Panella nella Introduzione al
libro - prova a raccontarci com’è andato il suo viaggio dall’Inferno
al Paradiso, dal mare dell’immondizia allo schermo translucido della
coscienza: la sua poesia è tutta qui, resa immobile e, pur tuttavia,
agitata dalla forza del desiderio di volare. Quando ci riesce, allora,
si “illumina d’immenso”.
* * * *
Roberto Mosi, “L’invasione degli storni”, GazeboLibri
Firenze 2012, pagg. 44, 7 euro. Premessa di Giuseppe Panella
Il libro può essere richiesto a: r.mosi@tin.it
- In vendita: Libreria LIBRILIBERI, via San Gallo, 21r. Firenze.
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